Di Georges Simenon, morto nel 1989, tutti ricorderanno la felice invenzione del commissario Maigret, eppure basta chiedere agli assidui frequentatori di circoli letterari, per scoprire che le più affascinanti pagine di letteratura lo scrittore belga le ha ideate nei suoi “romanzi-romanzi”, cioè nella sua produzione che esula dalla serie poliziesca. Ambientazioni esotiche, approfondimenti psicologici e un interesse crescente per un certo tipo di borghesia corrotta, sono i tratti distintivi di una narrazione che rivela una profondità di analisi fuori dal comune.
Questo romanzo, I clienti di Avrenos, ne è un fulgido esempio Una città, Istanbul, ancora avvolta, all’inizio degli anni Trenta, da un’aura di eccitante depravazione. Una giovane donna, Nouchi, candidamente perversa, seraficamente crudele, e capace di sedurre chiunque senza mai concedersi a nessuno. Un uomo non più giovanissimo, distinto ma squattrinato, che si è lasciato irretire, una sera, nel night-club dove Nouchi lavorava come entraîneuse, e che lei manovra a suo piacimento. Un gruppo di sfaccendati-artisti, giornalisti, uomini d’affari, nobili decaduti, viveur di mezza tacca -, che si ritrovano nel ristorante di Avrenos e passano le notti a bere raki e a fumare hashish, e che di Nouchi sono tutti più o meno innamorati.
I clienti di Avrenos è un capolavoro soprattutto perché di personaggi femminili sconcertanti come Nouchi non se ne incontrano molti nei romanzi di Simenon – e non solo. Non ha ancora diciott’anni, non è particolarmente bella, ha una faccia irregolare e “due occhi penetranti come punte di spillo”; ed è ben decisa a non conoscere mai più la miseria e la fame che hanno segnato la sua infanzia viennese. A questo scopo giocherà tutte le sue carte – anche le più rischiose.