I giorni di ferie sono quasi finiti, e ne ho approfittato per leggere un altro libro, questa volta un romanzo breve di Natalia Ginzburg, “La strada che va in città“. Parla di una ragazza che vive in un paesino non molto distante dalla città, dove si rifugia ogni qualvolta se ne presenti l’occasione. La sua famiglia è molto numerosa, nonostante ci sia la sorella maggiore che è già sposata e vive in città, con due figli, una cameriera, e un amante.
Delia, pur di voltare le spalle allo suqllore e alla miseria da cui proviene, decide di fare un matrimonio di interesse, frequentando il figlio del dottore del villaggio, uno studente di medicina. I due intraprendono una relazione, ma si capisce bern presto che l’unica preoccupazione di Delia è farsi sposare e andare via da quella casa dove è cresciuta, che ormai non sopporta più. Nel frattempo comincia a passare sempre più tempo col Nini, e il suo cuore prova finalmente delle emozioni che con Giulio non ha mai provato. Però rimane incinta e deve necessariamente sposare quest’ultimo, anche se i due non si amano. Delia, dopo il matrimonio, prende le abitudini della sorella Azalea: dorme fino a tardi, ha una cameriera che le fa tutto, si compra abiti e accessori che mai prima di allora si sarebbe sognata di avere… ma un vuoto nel cuore le resterà per sempre: il Nini, che l’ha amata davvero, e che forse, lei ha ricambiato, senza averglielo dato a vedere. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, scritto in un linguaggio molto semplice e diretto, con poche descrizioni, se non quelle fondamentali, e soprattutto con pochi dialoghi. Natalia Ginzburg è riuscita a imprimere una tale forza nelle poche parole che mette in bocca ai suoi personaggi, che essi prendono forma davanti al lettore e palpitano e respirano come fossero reali. In poche battute riesce a descriverli talmente bene che non c’è bisogno di tanti giri di parole per classificarli e identificarli meglio. Per essere la sua prima opera, è molto bella e matura. Da leggere per quanti vogliono rivivere il sapore degli anni trenta/quaranta, quando tante famiglie avevano poco o quasi niente, famiglie numerose sulla soglia della miseria, quando le grandi città erano viste come fonte di guadagno e di vita prospera e felice.
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