Murakami è uno dei più accessibili autori giapponesi per un pubblico di lettori occidentali. È forse questo ad averlo trasformato in un romanziere di culto? Sicuramente la sua scrittura è comprensibile, forse anche nei suoi recessi più nascosti persino per chi ha conosciuto il Giappone e la sua cultura solo marginalmente, quasi per sentito dire. “L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio” si può definire un romanzo di formazione, soprattutto “di crescita”, quella interiore del protagonista, Tazaki Tsukuru – “uomo che sembrava privo di una personalità dalle caratteristiche spiccate” -, costellata di piccoli elementi, quasi insignificanti che comunque ne andranno a tracciare il futuro –
“Lui stesso, quando si guardava allo specchio, si trovava irrimediabilmente noioso“. Non avere un colore insito nel proprio nome – quando questo è un elemento comune ai suoi quattro migliori amici – può pregiudicare l’esistenza? Tazaki Tsukuru ha “una sola passione, se così la si può definire: le stazioni ferroviarie“. Su questa passione imposta lo studio, la professione e il luogo in cui vivere. Nulla accade di drammatico, ma contemporaneamente al suo trasferimento da Nagoya, la sua città d’origine, a Tōkyō, Tsukuru viene improvvisamente rifiutato da quegli amici con cui aveva trascorso ogni giornata e diviso ogni momento. Una sola telefonata dagli altri: non deve più cercarli.
Da quel giorno, senza nessuna spiegazione, non li vedrà mai più. Sarà una nuova amica, Sara, a guidare Tsukuru verso una risposta anche se come sempre Murakami non offre un finale definitivo alla sua storia, non regala una soluzione consolatoria. L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio è il romanzo di una vita segnata da un’incomprensione; di un’infanzia, un’adolescenza e una maturità rigide, strutturate come solo la società giapponese riesce a fare; di un’incomunicabilità legata all’educazione che impedisce l’espressione libera e assoluta dei propri sentimenti e induce alla solitudine. È un libro di sensazioni che non si può descrivere se non attraverso sensazioni.