1794. Parigi ha solo notti senza luna. Marat, Robespierre e Saint-Just sono morti, ma c’è chi giura di averli visti all’ospedale di Bicêtre. Un uomo in maschera si aggira sui tetti: è l’Ammazzaincredibili, eroe dei quartieri popolari, difensore della plebe rivoluzionaria, ieri temuta e oggi umiliata, schiacciata da un nuovo potere. Dicono che sia un italiano. Orde di uomini bizzarri riempiono le strade, scritte enigmatiche compaiono sui muri e una forza invisibile condiziona i destini, in città e nei remoti boschi dell’Alvernia.
Qualcuno la chiama “fluido”, qualcun altro Volontà. In questo romanzo si affonda dentro le strade bagnate di sudore, lastricate di sangue e annaffiate di alcolici di pessima qualità. Siamo a Parigi, l’epicentro dello scandaloso evento storico che arbalta il mondo. Ma si aprono anche i sentieri selvaggi delle regioni a qualche giorno di viaggio dalla città della Bastiglia ma separate anni luce dalle scosse telluriche repubblicane. I due luoghi, la città e la provincia, rappresentano rispettivamente l’effervescenza terragna della sommossa permanente e l’arretratezza quasi metafisica della servitù.
Due universi contigui ma inconciliabili, parte della stessa nazione che si ritrova nel fervente subbuglio con gli occhi del mondo antico puntati addosso: chi sta in alto in preda al terrore e chi sta in basso impegnato a riscaldare con combustibile di fortuna l’ardore rivoluzionario. L’Armata dei Sonnambuli di Wu Ming è un nuovo romanzo del collettivo, in libreria per Einaudi. Per la stesura definitiva Wu Ming ha impiegato cinque anni di ricerche su quello che, storicamente, viene definito “il terrore giacobino”. Ma nel libro si tratta il concetto stesso di rivoluzione e i richiami al presente sono diversi. Quando si ha a che fare con la produzione artistica, vulcanica e sfuggente, dei Wu Ming si sa dove si comincia ma non si sa dove si finisce.