Ed eccoci ancora qui a recensire un altro libro da poco uscito di Francesco Piccolo, “Il desiderio di essere come tutti”, un libro epocale, una storia che appartiene un po’ a tutti e un libro di storia e politica. I funerali di Berlinguer e la scoperta del piacere di perdere, il rapimento Moro e il tradimento del padre, il coraggio intellettuale di Parise e il primo amore che muore il giorno di San Valentino, il discorso con cui Bertinotti cancellò il governo Prodi e la resa definitiva al gene della superficialità, la vita quotidiana durante i vent’anni di Berlusconi al potere, una frase di Craxi e un racconto di Carver… Se è vero che ci mettiamo una vita intera a diventare noi stessi, quando guardiamo all’indietro la strada è ben segnalata, una scia di intuizioni, attimi, folgorazioni e sbagli: il filo dei nostri giorni.
Francesco Piccolo ha scritto un libro anomalo e portentoso, che è insieme il romanzo sulla politica della sinistra italiana e un racconto di formazione individuale e collettiva: sarà impossibile non rispecchiarsi in queste pagine (per affinità o per opposizione), rileggendo parole e cose, rivelazioni e scacchi della nostra storia personale, e ricordando a ogni pagina che tutto ci riguarda. “Un’epoca – quella in cui si vive – non si respinge, si può soltanto accoglierla”. Dagli anni della giovinezza all’età matura lo scrittore indaga il nocciolo di una sostanza umana fatto invece di solitudine e incertezze, debolezze e cadute.
Quante volte abbiamo desiderato trovarci al centro esatto delle cose mentre una sorte più laterale ci consentiva al massimo di esserne sfiorati, di trovarci a metà strada fra il coinvolgimento totale e l’estraneità? Di diversità e solitudine e (frustrato) desiderio di essere come tutti, come aveva capito Natalia Ginzburg la cui citazione in epigrafe è la perfetta sintesi di tutto il libro, “è fatta la nostra infelicità”. Ma proprio tale infelicità “forma la sostanza migliore della nostra persona ed è qualcosa che non dovremmo perdere mai”.