La collaborazione e la passione per la verità di Luca Crippa e di Maurizio Onnis hanno dato vita a un grande romanzo scritto a quattro mani: Il fotografo di Auschwitz. Si tratta di un romanzo verità ispirato alla vita di Wilhelm Brasse, protagonista della stessa storia narrata e principale fonte di documentazione per la realizzazione del libro. Brasse nel 1939, da polacco, rifiutò la chiamata alle armi del regime nazista e per questo motivo venne internato ad Auschwitz; ma al contrario dei suoi compagni, lui si salvò: merito delle notevoli capacità di fotografo che se da un lato gli salvarono la vita, dall’altro lo resero partecipe degli efferati crimini nazisti.
Su questi avvenimenti è basato il racconto Il fotografo di Auschwitz, Crippa e Onnis si sono basati ampiamente sulle fotografie che Brasse riuscì a salvare nonostante gli ordini dei tedeschi, inoltre importante per la stesura del romanzo è l’intervista che lo stesso fotografo rilasciò alla tv polacca nel 2005. Wilhelm Brasse è morto soltanto un anno fa, roso fin nella vecchiaia dai rimorsi tipici di un sopravvissuto a un campo di sterminio. Crippa e Onnis son rimasti colpiti dai tanti silenzi che occupavano le narrazioni di Brasse, e proprio questi vuoti hanno cercato di colmare con le loro libere invenzioni da autore, usate per arricchire e rendere corposo il racconto. Se a prima vista questa operazione sembra arrecare danno alla terribile e veritiera esperienza vissuta da Brasse, in realtà ne rende più vivo il ricordo, ravvivando la memoria delle più giovani generazioni e dando un’idea piuttosto chiara di quel che succedeva dentro Auschwitz: ricordare è doveroso affinché il passato non si ripresenti mai più.
Ne Il fotografo di Auschwitz rivivremo in prima persona l’esperienza di Brasse, dal suo internamento al suo trasformarsi complice degli aguzzini. Non si trattava infatti di semplici foto, imprimendo i visi emaciati di uomini, donne e bambini questi venivano privati della loro stessa dignità, il regime necessitava di quelle foto per giustificare lo sterminio: dai tratti dei visi veniva evidenziata la loro inferiorità. Inoltre Brasse fu costretto a fotografare anche gli esiti dei terribili esperimenti del dottor Josef Mengele. Inevitabilmente il fotografo si vide dilaniato dal senso di colpa, che lo portò negli ultimi anni a collaborare con la resistenza e, infine, a salvare molti di quei cinquanta mila scatti di cui fu l’autore. Come le fotografie di Brasse testimoniano tutt’oggi lo sterminio perpetuato dai nazisti, così l’avvincente romanzo di Crippa e Onnis rafforza il ricordo nel campo letterario.