Solo un anno fa Carmine Abate ha vinto il Premio Campiello con “La collina del vento” e a distanza di così poco tempo è tornato alle cronache con il suo nuovo romanzo “Il bacio del pane”, un altro libro che parla di Calabria, di profumi, di colori intensi e di cibo, il pane così gustoso da risuscitare i morti. L’autore ambienta il romanzo sempre a Spillace, immaginario borgo calabrese ove Francesco compie la maggiore età scoprendo l’amore per Marta in un’estate indimenticabile trascorsa con un gruppo di amici.
La storia è proprio questa luglio è afoso e i bagni nel laghetto, seguiti dai saporitissimi pranzi, sono il diversivo ideale per la piccola comitiva di ragazzi e ragazze nemmeno diciottenni, affamati di vita e di emozioni. Ma quel luogo incantevole cela un mistero: in uno dei mulini abbandonati Francesco e Marta incrociano gli occhi atterriti e insieme fieri di un vagabondo, che si comporta come un uomo braccato, cerca di allontanarli ed è addirittura armato. Ma la curiosità buona dei due ragazzi, gli sguardi leali scambiati nell’ombra, hanno la meglio: e presto l’uomo misterioso rivela qualcosa di sé, della ferita che lo ha condotto a nascondersi. E i due giovani avranno modo di capire che non si scappa dai luoghi, si scappa semmai dalle persone subdole e violente, a volte persino da se stessi, dalla propria storia di rimorsi.
L’unica cosa che manca al vagabondo è il pane e così i ragazzi glielo portano, il pane, quello sfornato dalla mamma di Francesco con un’arte che affonda le radici nella tradizione. Un romanzo che racconta la nostalgia per un’età intensa e meravigliosa, la Calabria in tutta la sua bellezza genuina, i suoi riti affascinanti e antichi, ma anche la sua seconda faccia: la ‘ndrangheta, la criminalità e il coraggio di chi si impegna a combatterla.