Calvino vuole creare una carta geografica come un puzzle che il lettore possa disfare e ricomporre secondo i propri umori, parlarci di città che non sono conosciute da alcun atlante, ma che si presentano con un’anima ben precisa, ognuna con un nome di donna. Lascia al più grande viaggiatore della letteratura l’onere di dare forma e voce alle sue annotazioni di viaggio, appunti sparsi fatti di atmosfere, sapori, cieli stellati e spazzatura.
Così Marco Polo si presenta alla corte di Kublai Khan, descrivendo i luoghi che vengono toccati dai suoi viaggi.
Il linguaggio è il gran demiurgo di questo mondo fatto di dettagli invisibili ai più.
Un libro carico di sfaccettature, che propone domande più che risposte
“D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”
Romanzo che oscilla tra il racconto filosofico e quello fantastico-allegorico che ci fa venire in mente le città di Miyazaki o i quadri di Escher.
“Ciò che fa Argia diversa dalle altre città è che invece d’aria ha terra. Le vie sono completamente interrate, le stanze sono piene d’argilla fino al soffitto, sulle scale si posa un’altra scala in negativo, sopra i tetti delle case gravano strati di terreno roccioso come cieli con le nuvole”.
Altre descrizioni ci ricordano, invece, realtà tristemente prossime, come la popolazione di Leonia che ha smodata passione per le cose nuove e diverse, “ogni mattina indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall’ultimo modello di apparecchio” Ma ogni mattina i resti di Leonia di ieri aspettano il carro dello spazzaturaio, accolto come un angelo. “Ove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede….le squame del passato si saldano in una corazza…e le cataste si innalzano…”
Puoi votare l'articolo anche qui, gli articoli precedenti qui.