Ritorna il tanto atteso commissario Kostas Charitos, e con lui lo scrittore Petros Markaris va a chiudere la trilogia della crisi che, con questo epilogo, si trasforma in una tetralogia. Charitos, uno dei più famosi protagonisti del poliziesco mediterraneo, in “Titoli di coda” è nuovamente alle prese con le sue indagini ambientate in un’Atene asfissiante, attraversata dalla crisi finanziaria, da tensioni sociali e da un crescente imbarbarimento morale. Se i tre romanzi precedenti erano incentrati rispettivamente sulle Olimpiadi del 2004 (Prestiti scaduti), sugli evasori (L’esattore) e sulle banche (Resa dei conti), Titoli di coda va a completare il quadro sulla crisi greca attraverso un’indagine giudiziaria tra la gente comune che, secondo Markaris, non può in ogni caso sfuggire ai propri ruoli e responsabilità.
La storia è la seguente, un imprenditore greco-tedesco si uccide ad Atene. Ma all’ambasciata tedesca giunge un biglietto, firmato “I Greci degli anni ’50”, in cui si sostiene che si è trattato di un omicidio. Ed ecco verificarsi altre morti a breve distanza di tempo: il proprietario di una scuola privata, un faccendiere che faceva da mediatore tra gli imprenditori e gli amministratori intascando e distribuendo bustarelle, e infine due proprietari agricoli. Ogni volta la “rivendicazione” via Internet arriva puntuale.
Il commissario Charitos ha nuovo pane per i suoi denti. E adesso deve anche proteggere la figlia, aggredita da membri di “Alba dorata” a causa del suo impegno a favore degli immigrati. L’epilogo della serie sulla Crisi ci mette di fronte al consueto scenario di corruzione sociale e caduta libera dei valori. Markaris con un romanzo sociale dai risvolti preoccupanti e imprevedibili ci pone di fronte all’aspra consapevolezza del baratro in cui il Paese ellenico e l’intera Europa sono finiti. E lo fa attraverso il suo stile distintivo, che tratteggia con cura personaggi e luoghi e che tiene viva la suspense del lettore fino all’ultima pagina.