E’ uscito da poco il saggio “Ammazziamo il gattopardo” di Friedman Alan. Perché l’Italia è precipitata nella crisi peggiore degli ultimi trent’anni? La colpa è della Germania, dell’austerity imposta dall’Europa, della moneta unica? O della mediocrità della classe dirigente? Esiste una via d’uscita, una ricetta per rifare il Paese? Per rispondere a queste domande, Alan Friedman, forse il giornalista straniero che conosce meglio la realtà italiana, parte da quegli anni Ottanta in cui l’Italia era la “quinta potenza economica del mondo” e pareva avviata verso una vera modernizzazione per arrivare fino alle drammatiche vicende degli ultimi anni.
Attraverso conversazioni con i protagonisti dell‘economia e della politica, da cinque ex presidenti del Consiglio (Giuliano Amato, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema, Mario Monti) a Matteo Renzi, Friedman fa luce su retroscena che nessuno ha finora raccontato. Il racconto delle vicende politiche degli ultimi anni assume una nuova luce, rivelando ciò che spesso è stato omesso o taciuto. E si combina con un ambizioso e sorprendente programma in dieci punti per rimettere il Paese sul binario della crescita e dell’occupazione. Quella che viene riportate nelle pagine di questo avvincente saggio è però Cronaca con la C maiuscola, scritta da un giornalista di razza, osservatore privilegiato della realtà italiana degli ultimi trent’anni.
Il racconto che Alan Friedman fa della recente storia politica italiana e la sua lettura della situazione economica attuale non smette di incuriosire il pubblico e gli addetti ai lavori, che hanno accolto questo suo ultimo lavoro, quasi un’inchiesta, con un crescente favore. Senza tralasciare nomi, date, luoghi di incontro e anche lobby di appartenenza, Friedman dipinge un quadro chiaroscuro del “salotto buono” dell’imprenditoria italiana e imbastisce una vera e propria inchiesta a tutto tondo che ha come obiettivo rivelare le ragioni di quello che il giornalista considera come la vera piaga della politica italiana: la sua endemica incapacità di cambiamento, la resistenza al nuovo, la conservazione dello “status quo”.