Carmine Abate ha pubblicato La collina del vento nel 2012 con La Mondadori, non è assolutamente un caso se il romanzo ha trionfato al Premio Campiello. Il racconto ha il sapore di un romanzo antico, nel suo ripercorrere la storia del Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri, nell’attraversare l’intera Penisola fino ad arrivare a quella sacra collina, a pochi chilometri dal mar Ionio. Tra olivi secolari e arbusti rigogliosi, sembra quasi di sentire forti quegli odori di una natura selvaggia, quella che custodisce i misteri più antichi, la stessa che ne La collina del vento sarà messa a repentaglio da un mondo crudele che avanza: sarà allora la famiglia degli Arcuri a dover vigilare su di lei.
Abate ha dato vita a un romanzo profondo ed empatico, a un racconto essenzialmente umano. Il punto chiave de La collina del vento lo scopriamo quando il celebre archeologo trentino Paolo Orsi inaugura uno scavo in cima alla collina, allora gli Arcuri si scontrano contro la dura realtà fatta di uomini insensibili e intransigenti, combattono contro l’invidia e la violenza degli uomini incarnate dalla prepotenza latifondista e dalle intimidazioni mafiose. Nelle pagine del libro vedremo ricostruito un secolo di vita familiare, quella degli Arcuri, che si intreccia con la storia del Mezzogiorno d’Italia e dell’intera penisola: una storia fatta di sofferenze, lotte e battaglie, di illusioni e rivalse.
Ritroviamo molte pagine autobiografiche ne La collina del vento, Carmine Abate, classe 1954, è nato a Carfizi in Calabria, in una comunità italo-albanese. Presto si trasferisce in Germania dove cresce e studia, per poi infine tornare in Italia dove tutt’ora vive e insegna in Trentino. Per lui è stato un percorso personale, nella storia della sua vita e della sua famiglia: probabilmente per questo motivo dalle sue parole sgorga una tale e intensa empatia.