Paolo Cognetti, il giovanissimo autore di narrativa e saggi, questa volta si è dedicato ad un’opera davvero splendida, la storia di un universo femminile in continua evoluzione. Sofia è la donna protagonista di “Sofia si veste sempre di nero”, una donna inquieta e complicata, un romanzo che attraverso dieci racconti racconta trent’anni di vita, dall’infanzia in una famiglia borghese apparentemente normale, all’adolescenza tormentata da disturbi psicologici, alla liberatoria scoperta del sesso e della passione per il teatro, al momento della maturità e dei bilanci.
La storia inizia con un parto prematuro, Sofia resta in ospedale per controlli più approfonditi e il padre la guarda dal vetro senza poterla toccare, la madre è esanime nel letto dell’ospedale. E poi la voce dell’infermiera, l’unico contatto con il mondo reale, che le racconta che la nascita è “una nave che parte per la guerra”. A otto anni Sofia desidera solo essere libera e vedere i genitori uniti. Poi arriva la libertà e ha il nome di Oscar, un bambino selvaggio e passionale, che di volta in volta trasforma il loro tempo in avventure di pirati, indiani, o banditi e trasforma anche la vita dell’intera famiglia di Sofia. Dopo che anche Oscar lascia la sua vita, la paura più grande, quella dell’abbandono, porta Sofia, attraverso un percorso tortuoso, da un collegio al teatro, al tentato suicidio, alla vita con la zia Marta, l’unico tono di colore nella vita di Sofia. Fino a Pietro, l’imbastitore della storia che noi stiamo leggendo.
Le trame della storia sono costruito come un mosaico che ci dona la verità. Sofia è l’ago della bilancia dell’intero romanzo: è protagonista inconsapevole del racconto nelle prime pagine ma, nella lettura si scopre collante tra tutti i personaggi del racconto, tra le loro vite, il passato e il presente dei personaggi si intreccia continuamente, in un ritmo incessante che non lascia spazio ad altro se non al sapore che lascia la lettura. Questo romanzo non è la vita di Sofia e la storia dell’intero mondo che le gira intorno, Cognetti ci regala il ritratto di una donna torbida e inquieta, capace di sopravvivere alle proprie nevrosi e di sfruttare improvvisi attimi di illuminazione fino a trovare, faticosamente, la propria strada.