Figlio di Tiziano, Folco Terzani ha ereditato la pesante eredità del padre e dopo il film-romanzo a lui tributato “La fine è il mio inizio”, si è messo in proprio con il libro targato Mondadori “A piedi nudi sulla terra”. Folco è per metà italiano e per metà tedesco, ma in realtà è cittadino del mondo e il suo cosmopolitismo è evidente nelle pagine del suo romanzo. Il viaggio come ricerca interiore nel tentativo di dare un senso alla vita, al mondo, è il forte messaggio che il lettore riceve.
“A piedi nudi sulla terra” ci porta nella lontana India, nella vita di un personaggio incontrato nella sua esplorazione dell’India: baba Cesare. Un baba, un sadhu, è un uomo che ha rinunciato a tutti i comfort e a tutti i dettami della società, un uomo che si è ritirato ad una vita di riflessione e accrescimento interiore lontano dai condizionamenti del vivere civile.
La storia è narrata in prima persona, è baba Cesare che parla e noi siamo gli occhi e le orecchie di Folco mentre vediamo scorrere di fronte a noi un fiume di parole e immagini che ripercorrono gli anni della maturazione di un uomo come tanti. A dire la verità la storia dell’ “italian baba” ha ben poco di condivisibile e ai più può risultare poco simpatica. Cesare si sposa molto giovane e con altrettanto anticipo abbandonerà moglie e figli. Conoscerà altrettanto presto la droga, la prigione e infine quel movimento hippy che tra gli anni ’60-’70 attraversava l’intero globo con i suoi magic bus.
Il protagonista approda in India non come cultore di culture alternative ma come hippy in rotta con la società, un uomo che vive di espedienti nel tentativo di racimolare il necessario per provare nuovi stupefacenti. A quei tempi ancora non si conoscevano a fondo i pericoli della droga, della pratica dello sballo di gruppo. Ma è proprio quando ormai tocca il fondo dello squallore che Cesare trova la via per l’illuminazione, incontra il mondo dei sadhu, gradualmente ne viene attratto e conquistato fino a trovare una vera ragione di vita.